Gli abitanti di Sipicciano -in territorio di Roccalvecce- godevano da sempre sulle terre del feudo, i diritti di coltivare la terra (terratico), con le annesse prestanze del seme, pascolare (pascolatico), far legna dolce (legnatico), fare fascine per uso dei forni, raccogliere frutti silvestri (boscatico) e affogliare sotto corona, raccogliere erba (erbatico), ecc. Questi diritti non sono mai stati contestati sino al 1879, anno in cui il Conte Giovanni Vannicelli-Casoni acquista per compravendita da don Ascanio dei Marchesi Costaguti.

Nell’ atto di acquisto non è fatto alcun cenno sui diritti goduti dalla popolazione, vi si legge solo un generico riferimento al contratto di affitto -della stessa tenuta- interceduto fra il Marchese Costaguti e Adamo Colonna, in cui è menzionato un pascolo promiscuo, gravante su una parte denominata Piano di Sopra, a favore dei naturali di Sipicciano, ma l’ acquisto è ad un prezzo molto basso, proprio perché la tenuta è gravata e menomata nel suo valore dai diritti dei Sipiccianesi.

Il Conte Vannicelli, venuto in possesso della Tenuta, dimentica immediatamente i diritto dei sipiccianesi che per un periodo rimangono senza possibilità di difendersi, quindi si riuniscono formando -il 31 marzo 1901- la “Commissione degli Utenti di Sipicciano”, che raccoglie una rappresentanza delle famiglie, ed avviano una serie di vertenze per ottenere dalla Giunta d’Arbitri, il riconoscimento dei diritti da sempre esercitati nel territorio del feudo ; nel 1907 con assemblea del 15 settembre sorge l’Università Agraria.

La prima vertenza giudicata dalla Giunta degli Arbitri di Viterbo nel 1901 è promossa proprio per l’impedimento all’esercizio dei Vannicelli ma la richiesta però non è accolta, anzi i reclamanti sono condannati a pagare le spese processuali e gli onorari del giudizio. Nella motivazione della sentenza, datata 13 agosto 1902, la Giunta, pur ammettendo l’origine feudale di Sipicciano, dichiara che da tale origine non derivava necessariamente resistenza dei pretesi usi civici. E’ presentato appello ma anche questo giudizio non è favorevole ai sipiccianesi che per niente sfiduciati, ricorrono al Collegio Supremo che nel 1905, rinvia la causa per un nuovo esame alla Corte di Appello de L’Aquila.

Nel frattempo il Conte Giovanni Vannicelli, muore lasciando 4 eredi.
La Corte de L’Aquila, nel 1906 rigetta la richiesta della prova testimoniale della Commissione degli Utenti, rimettendo ogni decisione alla Giunta degli Arbitri di Viterbo, che, con sentenza del 1909, ammette agli Utenti’a provare con testimoni l’esistenza e l’estensione dei diritti e le limitazioni apportate dai Vannicelli.

Gli Utenti ricorrono nuovamente in Cassazione che nel 1909, respinge la prova testimoniale, ma nello stesso tempo accetta il reclamo sulla motivazione per la negata ammissione della prova stessa, relativa all’incidente possessorio, rinviando la sentenza alla Giunta degli Arbitri di Viterbo ma condannando però gli Utenti alle spese.

La Giunta degli Arbitri, con sentenza del 1912, riconosce l’esistenza di quasi tutti gli usi civici reclamati dai Sipiccianesi, ma solo su alcune zone del territorio e dichiara la propria incompetenza sul risarcimento dei danni.

La Commissione degli Utenti ricorre alla Corte di Appello di Roma, che nel 1913, dichiara anch’essa la propria incompetenza, demandando ogni decisione alla Corte di Appello de L’Aquila che nel 1915 dichiara che ai naturali di Sipicciano spettavano i diritti di seminare, far legna, far fascine, pascolare, su tutto il territorio della frazione fuorché nelle contrade Canneto, Mazzocchera, Pian Peloso, Molinella, Monte S. Francesco, Coste di Rigo, S. Nicola e La Lega.

Dichiara altresì che da parte degli Utenti non è dovuto alcun corrispettivo al proprietario e rinvia alla Giunta degli Arbitri ogni decisione sul risarcimento dei danni all’Università Agraria di Sipicciano condannando i Conti Vannicelli a tutte le spese di giudizio.

Vicende analoghe a quelle coi Vannicelli sono affrontate dai sipiccianesi -sia pure in forma minore- anche per le proprietà del Senatore Giacomo Balestra ereditate dalle figlie Maria, Emilia e Flaminia. Nel 1923 le sorelle Balestra, per porre fine a liti e dispute esistenti non esauritesi neppure con la sentenza della Corte d’Appello di Perugia del 1919, stipulano una transazione con l’Università Agraria di Sipicciano con la quale a liquidazione dei diritti sono ceduti all’ Agraria 310 ettari . La vicenda sembrava conclusa ma ad una misurazione delle terre queste risultano essere solamente 271,97 ettari che però le sorelle Balestra si impegnano ad integrare per 38 ettari, con terreni situati nelle località denominate Mola, Corvellone e Pellegrino. Con lo stesso rogito del 30 dicembre 1923, le sorelle cedono, sempre all’Università Agraria, anche il Castello di Sipicciano.

Con denuncia del 22 dicembre 1924 è richiesto l’accertamento e la liquidazione dei diritti gravanti sulle terre di Piano di Sopra in comune di Roccalvecce e con ulteriore dichiarazione del 10 maggio 1927, l’UA di Sipicciano rivendica le terre di Roccalvecce sottratte al suo patrimonio.

Con dichiarazione n. 1314 del 26 marzo 1928, l’UA di Sipicciano richiede l’accertamento e la liquidazione degli usi civici di “seminare con obbligo della corrisposta ed il diritto del proprietario della prestanza del seme, di legnare legna dolce, morta e caduta o….di fare fascine per forni, di allicciare ed esfogliare sottocorona, di raccogliere ghianda ed altri frutti silvestri e di pascere su tutto il piano di sopra dell’ex-feudo di Sipicciano posseduto dalle sorelle Balestra e da altri privati…”

Nel 1928 la frazione di Sipicciano è staccata dal comune di Roccalvecce che è soppresso ed annessa a Graffignano , con essa i territorio dell’Università Agraria , di cui nello stesso anno è approvato il piano di massima (Nicola Frittelli) per l’utilizzazione delle terre con assegnazione a Categoria A di ha 50.00.00 ed alla Categoria B di ha 278.05.50.

Il patrimonio dell’ente è in massima parte costituito, segue nel 1932 una quotizzazione di 262.97.70 ha per 178 ditte (Ordinanza Commissariale 16 novembre 1932).

Attualmente l’ente risulta gestire circa 200 ha .